INDAGINE SU UNA GARANZIA
di Domenico D'Amico
OVVIO? DA VERIFICARE
Si è detto più volte, nel mondo dell’informazione globale e diffusa, il paradosso è che l’indagine dell’ovvio sia trascurata, e che quindi vengano prese come verità assolute cose che invece sono false ma che in apparenza appaiono come certezze su cui basare poi tutta una serie di ragionamenti. Diceva J.K. Galbraith che per quanto riguarda la moneta, la complessità è usata per mascherare la verità, non certo per svelarla. È una verità importante quella sulla moneta, ed è importantissimo svelare ciò rimane celato.
LA FIDUCIA, OSSIA IL CREDITO...
Il sistema monetario, così come è costruito, ha le sue fondamenta sul debito e sul fatto che lo stesso debito debba essere usato da tutti come moneta. La banca cioè concede credito, che per noi è debito, e questo viene scambiato dai cittadini come moneta (scritturale/fiduciaria/elettronica): la banca ha concesso quel credito in cambio di una garanzia, che il cliente scambia con l’apertura di credito dell’istituto bancario. Cosa concede in realtà la banca? Cosa è quest’apertura di credito? Rimandiamo agli articoli di approfondimento presenti nel sito web e nel forum. In due parole però il credito della banca è una promessa di pagamento, una (sua) cambiale che la banca ci concede e che per convenzione è accettata da tutti come moneta, anche se non è moneta legale: lo sono le banconote e le monetine metalliche non le scritture contabili della banca. La banca fa affari in questo modo: moltiplica i depositi di base monetaria (banconote e crediti della banca centrale) attraverso l’erogazione di credito, e chiede che le siano corrisposti gli interessi per il credito concesso. La moltiplicazione dei depositi espone la banca al rischio di non poter soddisfare contemporaneamente tutti i propri correntisti, non avendo a disposizione tutta la moneta legale necessaria a soddisfare una eventuale richiesta contemporanea di prelievo di contanti. Ciò che vale per il singolo istituto di credito, vale per tutto il sistema bancario: un’enorme e sistemico erogatore di credito a fronte di una percentuale ridottissima di moneta legale in deposito (vedi definizione di Keynes). La prima cosa di cui necessita il sistema bancario è quindi la fiducia della clientela: la moltiplicazione dei depositi è possibile perché i clienti si fidano della capacità di rimborso della banca e della liquidità dei propri conti correnti; inoltre questa fiducia consente che le transazioni commerciali siano in gran parte liquidate attraverso la moneta elettronica – pagamenti con bancomat, pos, carte di credito, assegni, bonifici etc - limitando al massimo la circolazione di contante. Fiducia e credito, le parole chiave dell’articolo del prof. Agamben, e la linfa vitale su cui prospera il sistema bancario moderno. Una delle difficoltà maggiori, specie in periodi di crisi e recessione, è quella di non far mai decadere quella fiducia e di mantenere in piedi il clima di affidabilità che sostiene e tiene in vita la pratica bancaria. E’ un fatto che l’immagine che più terrorizza i banchieri (e anche i correntisti che di passaggio vedono la “propria” banca assediata, vedi Cipro in questi giorni) sia la vista di una massa di persone che corrono allo sportello per ritirare denaro contante. I primi sanno benissimo che non potrebbero soddisfare più del 2-3 % dei depositanti, i secondi, di fronte a quella scena, capiscono che c’è qualcosa che non va e danno vita a quella che viene chiamata " corsa agli sportelli", tanto per non essere fraintesi. Proprio per evitare queste crisi di fiducia, che scoprirebbero palesemente il gioco della creazione di moneta bancaria, nei periodi di crisi e di aggravarsi del rischio di corsa agli sportelli (bancari), da parte dei media e delle banche stesse si sottolinea il fatto che i conti correnti sono garantiti da una garanzia statale di 100 mila euro. Ed è questo che pensano quasi tutti: provate a chiedere, e dalle risposte capirete che è questo il pensiero della larghissima maggioranza delle persone. Allora, per tornare all'indagine dell'ovvio, vediamo in cosa consiste questa garanzia, citando fonti ufficiali e autorevoli, e usando un po’ di logica e di numeri.
CHI GARANTISCE COSA.
Vediamo subito che ad essere coinvolto non è lo Stato, né un ente statale, né un ente pubblico economico e neanche una spa con proprietà statale. A prestare la garanzia è un fondo di garanzia cui aderiscono (quasi) tutti gli istituti bancari del paese, che versano una quota in base alla propria dimensione. Anzi: che promettono di versare, in caso di necessità, ossia di "fallimento" di una banca consorziata. Si chiama Fondo Interbancario di tutela dei depositi. Dà sicurezza questo nome. Già quindi la prima perplessità: l’aggettivo statale è fuorviante; forse è statale la legge che prevede l’istituzione di questo fondo, ma la garanzia non è né statale né riconducibile in qualche modo allo Stato. Sono gli istituti bancari che partecipano ad un fondo di garanzia, con il quale si coprono a vicenda su eventuali bancarotte di un soggetto bancario partecipante al fondo. Poco male, tutto sommato; pecunia non olet, diceva qualche latino celebre: se a garantire sono soldi pubblici o privati, cosa importa al povero correntista di una banca fallita? Basta che non perda i soldi, no? Eppure, il dubbio comincia a rodere le vecchie certezze… Passiamo al lato pratico, cioè: va bene, abbiamo visto che esiste questo fondo di garanzia; adesso cerchiamo di capire la consistenza e la liquidità (eventuale) di cui disporrebbe in caso di bisogno/allarme. Leggiamo quindi gli articoli chiave dello Statuto (i neretti e i commenti sono di chi scrive ndr)
ARTICOLO 1 - COMMA 1
Il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi è un consorzio di diritto privato tra banche, avente lo scopo di garantire i depositanti delle consorziate. Le risorse finanziarie per il perseguimento delle finalità del Fondo sono fornite dalle consorziate. …
ARTICOLO 3
Soggetti garantiti 1. Il Fondo garantisce, nei limiti previsti dal presente Statuto, i depositanti delle consorziate italiane, delle succursali di queste negli altri Paesi comunitari, nonché delle succursali in Italia di banche comunitarie ed extracomunitarie consorziate. 2. Il Fondo può altresì garantire i depositanti delle banche consorziate italiane nei Paesi extracomunitari. La garanzia del Fondo opera nei limiti di copertura offerti dagli schemi di tali paesi, ove presenti, e comunque non oltre i limiti previsti dal presente Statuto. …
ARTICOLO 4 - Interventi
1. Il Fondo interviene: a) nei casi di liquidazione coatta amministrativa delle banche consorziate autorizzate in Italia e, per le succursali di banche comunitarie consorziate operanti in Italia, nei casi in cui sia intervenuto il sistema di garanzia dello Stato di appartenenza; b) nei casi di amministrazione straordinaria delle banche consorziate autorizzate in Italia. 2. Il Fondo effettua gli interventi per conto e nell'interesse delle consorziate. (Non nell’interesse dei correntisti quindi, ma delle consorziate ndr). 3. Gli interventi del Fondo sono subordinati all'autorizzazione della Banca d’Italia (quindi lo Stato è ancora una volta fuori dal discorso, visto che la Banca d’Italia NON E’ LO STATO ndr).
ARTICOLO 21 - Risorse per gli interventi
L'ammontare delle risorse che le consorziate si impegnano a somministrare complessivamente al Fondo per gli interventi è stabilito dall'Assemblea, su proposta del Consiglio, in misura compresa fra lo 0,4 e lo 0,8 per cento dei fondi rimborsabili di tutte le consorziate alla data del 30 giugno dell’anno precedente. Qualora, per effetto degli interventi, l’ammontare delle risorse risulti inferiore allo 0,4 per cento, il ripristino della percentuale minima dovrà essere effettuato nel termine di quattro anni. 2. Le risorse richieste per gli interventi costituiscono anticipazioni al mandatario e debbono essere somministrate al Fondo nei modi e nei tempi determinati dal Comitato di Gestione
CONCLUSIONE
Per tirare le conclusioni lascio spazio a quanto scritto da Luciano Gallino, che in Finanzcapitalismo* ci racconta quanto segue, in modo semplice e chiaro:
“Il caso italiano è indicativo della situazione generale. Da noi esiste da tempo il Fondo Interbancario di Tutela dei Depositi (Fitd), che nominalmente garantisce al depositante d’una banca in difficoltà il rimborso fino a un limite massimo di 100 mila euro. Tutto sta a vedere quanti siano, a un dato momento, i depositanti che hanno titolo per venire rimborsati, e quale sia quindi il totale da rimborsare. Le premesse non sono particolarmente tranquillizzanti. Per intanto il Fitd non è affatto un fondo, bensì un consorzio di mutuo soccorso a posteriori tra le circa trecento banche che vi sono associate. Nel caso che una di esse venga dichiarata insolvente e si debbano rimborsare i suoi depositanti, il Fitd chiama a raccolta le altre affinché versino il contributo previsto. Detto contributo si calcola in misura compresa tra lo 0,4 e lo o,8 per cento dei «depositi eleggibili» di tutte le banche consorziate, esclusi quindi i conti correnti del settore pubblico e delle istituzioni finanziarie. A maggio 2010 i depositi eleggibili, ossia rimborsabili a norma dello statuto del Fitd, ammontavano a 550 miliardi di euro. Il contributo massimo che esso poteva richiedere alle banche consorziate per soccorrere qualche consorella si aggirava quindi sui 2,2- 4,4 miliardi. Però in ciascun esercizio, dice il medesimo statuto, l’ammontare complessivo dei rimborsi non potrà superare un quarto delle risorse conferibili, il che limiterebbe l’intervento annuo del Fitd a una somma compresa tra 550 milioni e 1,1 miliardi. Ove si consideri che almeno un terzo dei depositi rimborsabili è detenuto dalle prime cinque o sei banche tra le trecento consorziate, è lecito concludere che il Fitd è in condizione di far fronte al default di piccole banche, ma non si vede come potrebbe far fronti ai suoi impegni nominali nel caso che il collasso colpisse solo una o due delle banche maggiori. Nella maggior dei paesi Ue la situazione non è apprezzabilmente diversa. Davanti ai rischi impliciti nei sistemi vigenti, nell'estate del 2010 il commissario europeo al mercato interno Michel Barnier, ha proposto di istituire un fondo comune euro che tuteli con certezza i depositi dei risparmiatori prima di una crisi bancaria, piuttosto che affidarli a un destino incerto una volta che la crisi è conclamata. Il fondo, cui dovrebbero contribuire tutte le banche Ue, dovrebb raggiungere in dieci anni i 149 miliardi di euro. Le banche hanno manifestato la loro ferma opposizione: giudicano eccessiva la proposta del commissario. Si può comprenderle. Visto che lo stato e i contribuenti hanno già pagato una volta, in varie forme, e senza nemmeno protestare troppo, i costi dei loro deficit, la razionalità economica suggerisce che non vi sia alcuna necessità di mutamento.”
Ergo: nessuna copertura automatica fino a 100 mila euro in caso di fallimenti bancari importanti e a catena. In quel caso EVENTUALMENTE interviene sì lo Stato, ma solo perché SI INDEBITA ancora di più e va a coprire i buchi degli istituti bancari in crisi, senza farli fallire, ma usando soldi pubblici per salvarli (nel caso della Spagna, è stato il Fondo Salva Stati Europeo a intervenire, finanziando questa volta proprio il Fondo di tutela dei depositi spagnolo, con un mega prestito di 100 miliardi di €, che sarà lo Stato Spagnolo a dover restituire). Troppo grandi per fallire si dice. Il fallimento di uno o più colossi sarebbe un caos strutturale politicamente e socialmente insostenibile; in fondo, un’arma di ricatto senza precedenti per una categoria imprenditoriale. Di garanzie VERE, comunque, neanche l’ombra, ma solo FIDUCIA (come al solito) che tutto regga. Solo che la nostra fiducia la paghiamo cara, visto che a beneficiarne non siamo noi comuni cittadini, ma i fantasmi giuridici bancari, che fanno politica monetaria e business speculativo con i nostri soldi a loro esclusivo vantaggio, e quando si arriva all’inevitabile resa dei conti, vengono salvati dagli Stati, altro fantasma giuridico al servizio del sistema monetario a debito, sempre pronti a sfornare nuovi provvedimenti legislativi che vanno in direzione esattamente contraria agli interessi dei propri cittadini. Negli ultimi mesi si sente sempre più spesso parlare di UNIONE BANCARIA: questa “misura di sicurezza” che si vuole mettere in campo riguarda proprio l’eventualità appena descritta, ossia una garanzia sui “depositi” unitaria a livello europeo – oltre alla vigilanza accentrata nelle mani della BCE - che possa fronteggiare eventuali corse agli sportelli (emblematico ciò che è appena avvenuto a Cipro, dove si è scelto addirittura di prelevare dai conti correnti, cioè si è scelto di bruciare un tot di promesse di pagamento, altro che fondo di garanzia!). Ma lo schema non sarà diverso da quello appena illustrato, saranno solo moltiplicati in modo proporzionale i numeri. Questi fondi non potranno mai garantire tutti i depositi, e rimane la sconcertante e cruda verità di conti correnti senza copertura alcuna: chi legge questo sito sa benissimo che la ragione sta tutta nella natura della moneta, emessa sempre a debito su NOSTRE GARANZIE ma di proprietà del sistema bancario, dove deve sempre tornare per poi essere distrutta.
* vedi: Luciano Gallino – Finanzcapitalismo – ed. Einaudi
Links utili:
http://intermarketandmore.finanza.com/i ... 36607.html
http://bimboalieno.altervista.org/?p=4261#more-4261