Sulla scorta della partecipazione del prof. Huber al convegno di Montegrotto Terme dello scorso dicembre,
si segnala qui la sua proposta di riforma, tutta centrata sull'aspetto tecnico-giuridico della riforma dello status legal dei conti correnti.
Di seguito il Manifesto Monetario che fa riferimento alle idee del Prof. Huber.
Restituire la creazione di moneta alla cosa pubblica
L’attuale crisi bancaria e del debito pubblico scaturisce dal sistema monetario. Le cause finanziarie della crisi hanno una comune origine monetaria: la creazione di depositi a vista bancari che oggi funge soprattutto da leva finanziaria per investimenti, favorendo il crearsi di bolle speculative, l’inflazione e l’indebitamento eccessivo di molti soggetti, fra cui lo Stato e gli stessi istituti bancari. La finanza e l’economia reale possono funzionare solo sulla base di un ordinamento monetario stabile ed equo. Ci impegniamo dunque per:
1. la riaffermazione della prerogativa statale sulla creazione di moneta che va affidata alla banca centrale indipendente
2. l’interruzione di qualsiasi forma di creazione di moneta da parte delle banche
3. l’immissione in circolazione di nuova moneta attraverso la spesa pubblica.
La moneta governa il mondo. Ma chi governa la moneta?
Tutti usano la moneta, eppure il funzionamento del sistema monetario continua a essere tanto oscuro quanto i concetti di “sistema di riserva frazionaria” o “creazione multipla di moneta”. Questa nebulosità è nell’interesse degli istituti bancari, che hanno sottratto alle banche centrali nazionali il compito di creare nuova moneta. In sostanza, queste ultime si limitano a immettere in circolazione il contante, che costituisce appena il 5-20 per cento della quantità di moneta complessiva. Prevale nettamente la componente non contante, pari all’80-95 per cento, che viene messa in circolazione dalle banche attraverso il credito, sotto forma di saldo sui conti correnti della clientela.
Negli ultimi tempi la creazione di moneta era finalizzata principalmente alla mera conduzione di operazioni finanziarie che non arrecavano più alcun beneficio all’economia reale, provocando in compenso danni ancor più gravi. La creazione di moneta da parte delle banche ha estremizzato irresponsabilmente i cicli di borsa e congiunturali, divenuti follemente esagerati nelle fasi di congiuntura positiva e boom finanziario, inamovibili e recessivi nelle successive crisi per indebitamento. Se, in quest’ultimo caso, ne risentono le banche stesse, sono messi a repentaglio i depositi dei clienti. Se lo Stato garantisce per i depositi e gli istituti a rischio, le perdite delle banche finiscono per ricadere sulla collettività, mentre i profitti restano un appannaggio privato.
Le banche non sono tenute a perseguire interessi macroeconomici, tanto meno sociali. Demandare loro il compito, essenziale per la collettività, di creare moneta è inaccettabile. Nella società moderna l’ordinamento monetario costituisce parte integrante di quello politico e, pertanto, assume a pieno titolo rilievo costituzionale.
Moneta statale, non nazionalizzazione delle banche
La creazione di moneta dovrebbe essere affidata interamente ed esclusivamente a un’autorità pubblica indipendente. All’interno dell’Unione monetaria europea tale ruolo spetta alla Banca centrale europea e alle banche centrali nazionali che aderiscono all’Unione. Queste dovrebbero diventare definitivamente il quarto potere dello Stato: il potere monetativo, da affiancare a quelli legislativo, esecutivo e giudiziario. La banca centrale, analogamente ai tribunali, deve avvalersi di esperti indipendenti e obbedire solo alla Legge, restando imparziale di fronte alle istanze di governi e parlamenti, alle richieste degli istituti bancari e a interessi economici di altra natura. Un simile ordinamento monetario può lasciar spazio anche a valute complementari o a sistemi di compensazione cooperativi.
La riforma auspicata per il sistema di creazione di moneta è semplice. I depositi sui conti bancari vanno dichiarati mezzo di pagamento avente corso legale, al pari di banconote e monete metalliche; inoltre, la loro creazione deve diventare competenza esclusiva delle banche centrali statali (ossia dell’autorità esercitante il potere monetativo). In questo modo, il denaro non contante conoscerà lo stesso sviluppo avvenuto per le banconote cento anni fa, quando la carta moneta emessa privatamente fu sostituita dalle banconote delle banche centrali. Oggi si tratta di trasformare i depositi a vista delle banche d’affari, instabili e poco sicuri, in moneta della banca centrale; lo Stato si riappropria così interamente della moneta (a fronte del 5-20% di banconote e monete metalliche a oggi statale) senza però nazionalizzare gli istituti bancari.
Governi e parlamenti non dovrebbero avanzare alcuna istanza alla banca centrale indipendente. Il reddito derivante dalla creazione di moneta, ovvero il signoraggio, confluirebbe senza l’applicazione di interessi nelle casse dello Stato, che immetterebbe in circolazione la nuova moneta attraverso la spesa pubblica. In fin dei conti, si tratta di 200-400 miliardi di euro l’anno per l’Unione monetaria europea ? una cifra che corrisponde al 2-6 per cento del bilancio pubblico complessivo a seconda dello Stato preso in esame. L’incremento della quantità di moneta è stato esagerato, ma un’attività di creazione della moneta più modesta e commisurata alla crescita economica determinerebbe pur sempre un signoraggio elevato.
Le banche d’affari pubbliche e private potranno continuare a operare liberamente sui mercati finanziari, entro i limiti di legge. L’unica differenza è che non potranno più creare depositi a vista, ma dovranno utilizzare solo i fondi derivanti dalle proprie entrate oppure raccolti sul mercato monetario o dalla clientela; tali fondi sarebbero disponibili sotto forma di contante nelle casse dell’istituto oppure di deposito sul conto presso la banca centrale.
L’interdizione della creazione di moneta bancaria può avvenire in modo semplice e indolore. I conti correnti della clientela esistenti vengono cancellati dai bilanci degli istituti e gestiti separatamente.
Un sistema monetario nell’interesse della collettività
Una riforma di questo tipo arrecherebbe cinque significativi vantaggi. In primo luogo, il denaro sarebbe al sicuro anche in assenza di garanzie statali, non essendo più possibile che i depositi a vista spariscano in caso di insolvenza. Il traffico di pagamenti ordinario non sarebbe a rischio neppure durante una crisi bancaria, mentre la politica e l’opinione pubblica non si troverebbero più in una posizione ricattabile.
In secondo luogo, si porrebbe un limite alla creazione eccessiva o, viceversa, insufficiente di moneta bancaria. In caso di uso speculativo della leva finanziaria, i mercati esaurirebbero il combustibile monetario fin troppo economico; i flussi monetari si stabilizzerebbero, mentre l’andamento delle borse e della congiuntura si farebbe più moderato.
In terzo luogo, contrariamente a quanto accade oggi per gli effetti inflazionari della creazione di moneta bancaria, la banca centrale eserciterebbe per la prima volta pieno controllo sulla quantità di moneta. In questo modo, potrebbe prevenire in maniera efficace bolle speculative e incrementi dei prezzi, regolando la quantità di moneta in linea con il potenziale di sviluppo dell’economia reale.
In quarto luogo, l’utile corrente generato dalla creazione di moneta, il signoraggio, affluirebbe interamente nelle casse dello Stato, cessando di essere un immeritato profitto aggiuntivo per le banche. Un aumento della quantità di moneta indipendente dall’inflazione rispecchierebbe la crescita dell’economia reale da attendersi. Applicando questo principio alla situazione attuale, a una crescita dell’1, del 2 o del 3 per cento corrisponderebbe un incremento della quantità di moneta, e dunque un signoraggio, tale da coprire il 2, il 4 o il 6 per cento delle spesa pubblica complessiva.
Il quinto punto, particolarmente attuale, riguarda l’opportunità letteralmente unica di abbattere l’ingente debito pubblico nel giro di pochi anni, silenziosamente e senza tagli dolorosi. La moneta bancaria sarebbe rimpiazzata nel giro di pochi anni da moneta dello Stato, creata dalla banca centrale indipendente e immessa in circolazione attraverso la spesa pubblica. Le casse dello Stato ne ricaverebbe un signoraggio di transizione una tantum di uguale entità, con cui sarebbe possibile ridurre notevolmente il livello di indebitamento. Nell’Unione monetaria europea, la moneta bancaria ammontava all’inizio del 2011 a 3.912 miliardi di euro, pari alla metà dell’attuale debito pubblico complessivo di 7.850 miliardi di euro. L’indebitamento pubblico potrebbe dunque essere quasi dimezzato, in misura variabile secondo l’entità del debito e la crescita dei singoli Stati, senza ricorrere a misure di austerità o favorire l’inflazione, l’aumento della disoccupazione e l’impoverimento. Si porrebbe così fine alla crisi del debito.
Misure quali la reintroduzione dell’imposta sulle operazioni di borsa o l’aumento delle quote di capitale proprio degli istituti bancari produrrebbero effetti limitati se non si eliminerà l’origine monetaria della crisi finanziaria e del sistema bancario. Adesso occorre dunque intervenire sul piano del sistema monetario, passando dalla moneta bancaria a quella statale e dotando le banche centrali di un inderogabile potere monetativo indipendente
Fonte: http://www.monetative.de/?page_id=2040&preview=true
Per il lavoro completo di Huber e Robertson, ecco il link con il testo in italiano, a cura di Davide Gesino.
http://nuovamoneta.wordpress.com/