Mi rendo conto che in alcune parti mi sono espresso in modo incompleto ed alcuni passaggi sono da chiarire e discutere.
Al momento sto ancora pensando a come integrare i valori di giustizia, solidarietà, merito, libertà... all'interno di un sistema con emissione di RdC e come integrare l'RdC con la moneta utilizzata (emessa ex-novo o proveniente dall'accumulo) per i salari, integrando i bisogni degli individui.
Tutto il discorso è senz'altro incompleto: la tensione è quella di sollevare/risolvere nuovamente alcuni dubbi.
Tento di imbastire il discorso in ordine
1) I bisogni primariOgni individuo che entri a far parte del gioco della vita è portatore di
bisogni primari biologici da soddisfare: riparo, aria-cibo-acqua, vestiario, igiene.
Questi bisogni non sono gli unici (ad es. c'è l'affettività), ma ciò che li differenzia dagli altri è la necessità di compiere un lavoro solitamente manuale/fisico affinché siano soddisfatti. Tale lavoro comporta dispendio energetico, che solitamente tendiamo a ridurre al minimo.
2) Soddisfacimento dei bisogni e lavoroCome organizzarsi quindi per il soddisfacimento dei bisogni?
In epoche nemmeno tanto remote le comunità si organizzavano semplicemente sulla base del senso di responsabilità dei membri della comunità stessa nel collaborare all'obiettivo sopra espresso.
Tale senso di responsabilità è un senso di dovere la cui motivazione sorge in due modi: dall'
interno – come scelta di contribuire – o dall'
esterno – come obbligo di contribuire sulla base di principi (giustizia? solidarietà?), pena sanzioni. Nessun Demiurgo quindi, trattasi di scelta: per amore o per forza, relativamente al livello di consapevolezza individuale.
Dato che sono d'accordo sull'ipotesi che in tale sistema “primitivo” (termine ambiguo ma me lo si conceda) i beni non abbondassero in quantità ma che il livello di felicità fosse decisamente più elevato che quello attuale (fra l'altro il dato trova conferma empirica) è possibile che gli individui semplicemente si basassero sul
senso del dovere interno non coercitivo (scelta suppongo perlopiù inconscia) come se fosse qualcosa di naturale.
Come organizzarsi quindi? Penso parlandosi e scegliendo come agire al meglio per il bene di tutti, al di là di possibili interessi privatistici. E' possibile però che non ci fosse nemmeno un particolare bisogno di comunicare ed organizzarsi: insomma sarebbe potuta bastare l'innata spinta del dovere e del benessere che la natura-casa offriva.
Affermando ciò assumo che i lavori orientati allo scopo “bisogni” siano tendenzialmente meno piacevoli di altre attività - quali l'arte e la filosofia - e per questo richiedano un contributo equo e responsabile da parte dei membri della comunità. Sperando di non generalizzare, la mia esperienza mi dice questo ed io stesso tendo a ridurre al minimo quei lavori (leggasi “scansarli”) per poter dare spazio alle relazioni, riflettere e dedicarmi ad innocui hobbies. Ciò non toglie che ci siano persone che svolgerebbero con piacere tali attività (infatti ho utilizzato la parola “tendenzialmente”).
Questo discorso rientra in ciò che intende Vito con
“un minimo di attività sarebbe sempre indispensabile per potersi procurare acqua, cibo e riparo in un'ipotetica economia azzerata da un'ipotetica indolenza generale“.
Mi ricordo di un'idea di Domenico su signoraggio.com:
le corveè. Rientrava in quest'argomento?
3) Soddisfacimento dei bisogni e mercatoUn'organizzazione di base era quella del mercato originario: i frutti del raccolto/caccia/pesca venivano posti al centro del villaggio ed ognuno prendeva in base a ciò che pensava/sentiva. In alternativa i “lavoratori” (raccoglitori/trasformatori) potevano effettuare essi stessi la distribuzione. Nel caso non si partecipasse a quest'attività, sulla base della fiducia le persone offrivano servizi o altri beni sulla base di scambi, presumibilmente il più equi possibile. Si pensa che il concetto di “misura” non fosse conosciuto, ma verosimilmente ipotizziamo pure che tutto ciò funzionasse.
4) La moneta come misura del valore ed intermediario degli scambi nel mercatoCiò che è accaduto successivamente è riportato con diverse sfumature sui libri di antropologia e storia dell'economia e si tratta di conoscenze considerate “diffuse” per chi ha studiato almeno un po' l'argomento: inefficienza del baratto → moneta-merce → moneta-merce-debito → moneta-nominale-debito.. fino ad arrivare ai giorni nostri.
Personalmente ritengo sia molto interessante formulare delle ipotesi su tempi e modi della riforma monetaria, ma per motivi di attinenza tematica passo oltre. Quindi per comodità e per conoscenze di base pregresse, saltiamo una serie di passaggi ed ipotizziamo una comunità “originaria” (spazio/temporalmente isolata dal sistema debito oppure all'inizio della transizione verso il nuovo” sistema”) ai giorni nostri con le seguenti caratteristiche:
a) conoscenza dei concetti di misura e valore
b) indipendenza energetica e territorio ricco di risorse
c) comportamento tendenzialmente orientato alla solidarietà ed alla giustizia
d) conoscenze pregresse sul sistema-debito (solo per la comunità all'inizio della transizione)
Tenendo sempre a mente che esistono dei bisogni fondamentali da soddisfare si suppone che tale macro-comunità si occupi innanzitutto di garantire ciò che serve per vivere (si veda l'elenco iniziale).
Cosa caratterizza specificatamente questa comunità rispetto alla precedente?
I membri della comunità sono mentalmente e tecnologicamente più evoluti di quella originaria e per comodità le persone adottano la moneta anziché portare tutte le merci al centro e dividerle e/o barattarle. Inoltre invece che basarsi esclusivamente sulla fiducia, queste persone vorrebbero capire
“quanto” vale ciascun bene e servizio in modo da poter corrispondere equamente.
In altre parole non basta più un generico “fidarsi” (emozione) ma si vuole comprendere (mente) i processi di dare e ricevere, al di là della soggettività del valore: infatti il vivere in una comunità e parteciparvi anche mentalmente implica confronto di enti sulla base di
criteri razionali, fra i quali la
misura.
Di conseguenza, facendo affidamento sia alla mente che alle emozioni, si dialoga e si adottano collettivamente (democraticamente) degli
standard di valutazione del valore (standard = misura) e della retribuzione scientificamente studiati ed applicati (come oggi in pratica – basta ricordare che comunque la scienza è limitata).
Eccone alcuni esempi generici:
quantità di tempo utile ad ottenere un prodotto in relazione alla sua qualità
fatica/stress/dispendio energetico nella produzione
scarsità
qualità particolari (da definire meglio)
utilità
bellezza
….
5) Reddito di Cittadinanza La mia ipotesi è che venga emesso un RdC proporzionale ai beni/servizi misurati ed assegnabili/erogabili in sostituzione del baratto e del “liberodistribuzionismo fiduciario non misurato”. L'esempio proposto da Ambro di un RdC in buoni penso sia valido.
Come variante alla suddivisione poco efficiente del “porto-la-merce-e-distribuiamo” (
distribuzione delle risorse) si potrebbe addirittura ipotizzare che ogni singolo produttore (raccoglitore o trasformatore) emetta ad uso di tutta la comunità una quantità di moneta ex-novo ed ex-post pari alle merci prodotte. In seguito ogni persona potrebbe utilizzare tale moneta per soddisfare i propri bisogni di base. Potrebbe essere anche moneta vincolata alla diversa tipologia dei beni.
Assumendo che a tutte le persone sia assegnato un RdC in moneta di pari quantità e completamente svincolato dalla produzione di beni/servizi si pone una problematica a mio avviso rilevante:
Misura – Stabilità – Riserva - Inflazione/DeflazioneDato che la moneta è la misura del valore e che il concetto di misura presuppone:
1) una scelta convenzionale
aprioristica della misura (il metro ed il chilo sono stabili ed universali per scelta della comunità scientifica) e
2) un oggetto a cui applicare la misura,
ne deriva che gli oggetti (beni/servizi) vadano misurati PRIMA dell'emissione/utilizzo della misura stessa (emissione ex-post).
Ciò implica che un'emissione ex-ante priva di parametri d'applicazione (i famigerati standard e relativi scanner vulcaniani) agli oggetti misurati sia scientificamente infondata. Concettualmente mi sto riferendo al
costo di produzione (per le precedenti sei righe - e non solo - si veda
http://www.signoraggio.info).
Aspetto non trascurabile, l'applicazione di siffatti standard risolverebbe sicuramente il problema della
deflazione (tutto ciò che è prodotto è subito coperto ex-post o comunque si utilizzerebbe moneta già circolante - risparmio che diventa investimento - per produrlo) mentre l'
inflazione sarebbe solo un problema di trasgressione delle regole (moneta senza corrispettiva produzione, attuabile ad es. con false fatturazioni e corruzione).
NOTA: Ciò non significa nella comunità in cui vige l'emissione senza corrispettivo gli scambi non siano possibili, ma che essi non rispetterebbero dei criteri razionali (“razio” deriva guarda caso da “rationem”, ossia misura, calcolo, regola) validi per tutti. Ci tengo ad aggiungere che un tale sistema (mi ricordo che ci parlammo addirittura d'emissione casuale) di RdC e di “moneta per salario” sarebbe sicuramente migliore di quello attuale, una volta liberato lo strumento convenzionale dal debito + interesse.
Singoli aspetti del problema:
Il contratto di scambio privatisticoA: “Quanto vale il bene/servizio x?”
B: “Per me vale z.”
C: “Per me vale y.”
D: “Per me vale t.”
Questo per me è un bell'argomento da discutere.
Vito – e forse la maggior parte delle persone - sostiene che
“il merito merceologico è peraltro totalmente arbitrario e privatistico ed è una bestemmia inquadrarlo istituzionalmente.”Partiamo dalle evidenze empiriche
Evidenza N° 1
Esistono persone che svolgono mansioni completamente uguali in condizioni ambientali simili. Una categoria soggetta (o dovrebbe esserlo) a standard è il settore pubblico. Retribuzioni identiche di base, che aumentano in base a determinati
criteri (soprattutto anzianità), indipendentemente dal fatto che essi siano giusti o meno.
Evidenza N°2
Anche nel settore privato esistono i contratti stipulati fra sindacati (istituzioni) ed imprenditori. Tali contratti sono soggetti ad alcuni
criteri presenti nell'elenco precedente.
La parola magica ritorna:
criterio. Teoricamente sorella di standard, misura, razionalità.
Cosa accomuna queste parole?
Le accomuna l'essere prodotti della mente raziocinante (de novo) che osserva, confronta, individua somiglianze e differenze, numera, ordina, sceglie e pensa a delle parole di riferimento che, in comunione col sentire, fungono (o dovrebbero fungere) da riferimento per gli individui: valore, merito, giustizia, solidarietà, pace...
Torno dunque all'implicito domandone iniziale:
Perché i prezzi relativi a medesimi beni/servizi dovrebbero essere diversi?
Perché Toni guadagna più di Meni nonostante svolgano lo stesso mestiere?
Andando più a fondo → In base a cosa si stabilisce un fantomatico “
costo di produzione”?
Parliamone, senza dare alcunché per scontato.
Nota a parte per Vito
Tu parli di bestemmia e dato che assumi che essa sia un “male”, in base a cosa ricavi che essa sia un “male”? Dalla violazione di un sistema di regole impresso emotivamente a fuoco sugli individui. Queste regole sono condivise? No, sono calate dall'alto.
Quindi discutiamo le bestemmie ed il sistema di regole imposto, esattamente come il diritto.
Dovere vs DirittoPer quanto riguarda l'aspetto filosofico del diritto posso solo dire che approfondirò la questione, essendo per sua stessa natura ”ideologica” (come ci si è detto in privato), ma per ora rimango della mia idea. Anzi, aggiungo che il diritto è un assunto quasi indiscusso del pensiero collettivo, come il lavoro, l'inflazione e l'uomo cattivo. Da ridiscutere.
Ribadisco che, come già espresso, il dovere che intendo è una scelta di dovere interna all'uomo, non imposta dall'esterno. E' una scelta che deriva dal proprio sentire e riflettere sulla realtà, non da un Demiurgo dittatore.
Come già espresso, baso questo pensiero sulla base dei bisogni primari da soddisfare in antitesi con le attività extra assai più piacevoli.
Edit 13/07/12' per citazione fonte.