da Vito Zuccato » 18/02/2014, 21:47
Il discorso sulle privatizzazioni rischia spesso di finire e ANZI spesso finisce in "ragionamenti" irrazionali altamente moralistici e pregiudiziali, a volte conditi dal classico nazionalismo "celoduristico", cioè auto-"razzista".
Occorre sgomberare il campo da ogni forma di moralismo irrazionale e concentrare l'analisi sulla GESTIONE reale delle imprese e sull'effetto reale di tale gestione in termini di qualità dei prodotti, qualità/prezzo dei prodotti, trattamenti salariali, qualità della vita sul lavoro e preservamento dell'ambiente (scusate se dimentico qualcosa), a prescindere dal loro assetto proprietario.
Guarda caso vale lo stesso discorso che si fa per l'emissione e la gestione monetaria: NON conta chi è il proprietario dell'istituto bancario (centrale o commerciale) o monetario, ma chi è il proprietario originario (e legittimo) del valore monetario quando viene emessa la moneta e dove viene indirizzata e come viene gestita quest'ultima nel sistema economico.
A PRIMA VISTA, non ha alcun senso mantenere un'azienda di proprietà statale o pubblica se fisiologicamente e/o inerzialmente, a causa di vari motivi, per DECENNI vi si continua a instaurare una dirigenza inetta, incapace e dannosa sia per l'azienda che per la collettività: A PRIMA VISTA, tanto varrebbe che la si vendesse a dei privati che provvederebbero arbitrariamente a inserirci loro amministratori di fiducia, più o meno capaci che siano.
Il problema a questo punto si sposta da un'altra parte: se la classe politica e la burocrazia ministeriale e degli enti pubblici locali NON sono MAI state capaci, o sono state TROPPO POCO capaci, di inserire nelle aziende pubbliche dei dirigenti all'altezza degli standard gestional-produttivi che l'opinione pubblica o chi per essa si aspetta, come si può pensare che le stesse siano capaci di:
1. vendere SEMPRE l'azienda a privati a un prezzo congruo, cioè senza svendite rispetto ai prezzi di mercato stimabili per l'azienda, e
2. vendere SEMPRE l'azienda a privati di alto profilo imprenditoriale sia economicisticamente che umanisticamente, tali da almeno superare il livello della precedente proprietà pubblica
...?
E infatti spesso, ma NON sempre, accade che l'azienda pubblica viene venduta con sconti di favore al privato amico degli amici e quindi para-pubblico e para-mafioso, il quale spesso, ma NON sempre, o gestisce male a sua volta l'azienda o provvede presto a rivenderla per intero o a pezzi a valori di mercato molto più alti o anche ENORMEMENTE più alti del prezzo di acquisto dallo Stato o dagli Enti Locali.
E, come se non bastasse, spessissimo, ma NON sempre, accade che le plusvalenze da rivendita e/o i profitti che questo privato ottiene dall'azienda ex pubblica NON sono di fatto tassabili dallo Stato poiché la società finanziaria del proprietario privato ha sede fiscale all'estero e quasi sempre in Stati a fiscalità e burocrazia pressoché azzerate (nei cosiddetti paradisi fiscali), o comunque sono in parte tassabili soltanto dopo estenuanti battaglie processuali che durano anche decenni.
E ancora: spessissimo, ma NON sempre, accade che l'azienda pubblica in via di privatizzazione operi in regime di monopolio o di oligopolio o avendo la fetta maggiore delle quote di mercato, o peggio ancora operi in un settore di mercato considerato strategico dal punto di vista geopolitico (acqua, alimentari, energia, infrastrutture, trasporti, armamenti, per fare degli esempi), in quest'ultimo caso a patto però che la classe politico-burocratica e gli amministratori da essa designati per l'azienda pubblica siano davvero rappresentanti dei cittadini di un certo territorio o di uno Stato, cioè che COME MINIMO non siano corrotti in varie forme da parte di soggetti pubblici e privati esteri e/o estranei agli interessi di quel territorio/Stato.
Infine, i cosiddetti "liberisti" affermano con fermezza che le regole di mercato del settore privato contribuiscono fisiologicamente a livellare "in alto" lo standard delle prestazioni aziendali private, sia in senso economicistico che umanistico e addirittura SENZA nemmeno avere vincoli di legge pubblica/statale su uno standard minimo: purtroppo ANCHE questo discorso non funziona, in quanto NON c'è alcun vincolo o alcuna dimostrazione logica che garantisce che le leggi intrinseche del settore privato siano fisiologicamente portate a livellarsi "in alto" e da tutti i punti di vista. ANZI. Solitamente accade il contrario, poiché fisiologicamente la beneamata concorrenza tende a essere prima battuta e poi cancellata con acquisizioni e fusioni aziendali sempre più ingenti e su scala mondiale, per cui con la teoria liberista e ancora una volta MORALISTA de "il mercato è bello e lo Stato è brutto" si ha che il monopolio brutto-sporco-cattivo statale o para-statale esce dalla porta e rientra tranquillamente dalla finestra. Un monopolio mondiale (nemmeno nazionale!) di fatto statalista ottenuto da privati e utilizzando le pure leggi di mercato!
In conclusione, direi che ALMENO APPARENTEMENTE c'è una piccola ma FORSE significativa differenza tra un'azienda statale/pubblica mal gestita e piena privilegi e di mafie e un'azienda privata mal gestita o gestita dall'estero facendo soltanto gli interessi dell'estero: che la prima potrebbe essere riformata da una classe dirigente politica all'altezza che venisse eletta da cittadini pienamente consapevoli, mentre nel secondo caso tutto dipende da volontà e capacità arbitrarie di privati.
Dico "FORSE" proprio perché i seguenti due casi:
a) collettività-cittadini-individui consapevoli della realtà economica e di cosa sia il bene comune e la minimizzazione degli svantaggi generali;
b) imprenditore privato economicisticamente di successo e umanisticamente filantropo e filoambientalista;
nel corso della storia che abbiamo finora avuto sono ENTRAMBI o rari o una chimera.
In ogni caso, occorre comunque distinguere tra un'azienda che fornisce un servizio considerato come bene comune di base per la sussistenza (vedi fornitura dell'acqua potabile, su tutto) e un'azienda che offre una merce voluttuaria.
E' preferibile che un'azienda del primo tipo rimanga di proprietà statale/pubblica, perché fornisce un servizio essenziale e a prezzo di costo, senza alcun obbligo di dover fare utili.
Ed è facile da capire che, se un'azienda statale/pubblica fornitrice di servizio essenziale per la collettività, a causa di mafie e clientelismi interni, ha dei costi tali da vendere il suo servizio a prezzi pari o addirittura superiori a quelli di un privato che ha lo scopo statutario di fare utili per sé oppure ha uno standard di fornitura scadente, la VERA sfida sarebbe abbassare i costi o alzare lo standard di fornitura eliminando un po' alla volta le mafie e le clientele interne tramite un processo di controllo retroattivo "democratico" diretto o indiretto (tramite campagne di protesta e sensibilizzazione e/o tramite votazioni locali o nazionali), NON certo la privatizzazione dell'azienda.