Società e debito

Come l'economia invade tutti gli aspetti sociali dal governo alle relazioni all'interno e tra le comunità

Società e debito

Messaggioda ChristianTambasco » 28/03/2012, 14:30

fonte http://www.ilsole24ore.com/art/commenti-e-idee/2012-03-28/college-recupera-crediti-064140.shtml?uuid=AbkYz8EF

cominciamo con un bel....debito?!
Se il college Usa recupera crediti
di Mario Margiocco, 28 marzo 2012

L'università americana non è solo un mito. È anche al momento lo specchio di una polarizzazione crescente: atenei che hanno superato il pesante scivolone del 2007-2009, con decine di miliardi persi sui mercati, e sono tornati spesso ai livelli pre crisi o quasi nei loro endowment o fondi di dotazione, e studenti sempre più indebitati.

Ormai dopo i mutui per la casa quella dell'esposizione degli studenti è la prima voce del debito privato, superiore alle linee di finanziamento per le carte di credito e per le auto. I 20 milioni di studenti americani, in proprio per la maggior parte e per una frazione attraverso le famiglie, hanno ormai un debito che supera di gran lunga quello accumulato, e già ritenuto allarmante, dai 24 milioni di famiglie italiane.

La riscossa dei fondi di dotazione delle università è incominciata nella seconda metà del 2010, ha avuto risultati brillanti soprattutto nella prima metà del 2011 e continua, un po' meno al galoppo, ancora nel 2012. Metà circa delle 73 università con un fondo superiore al miliardo di dollari hanno recuperato i livelli pre crisi. Harvard è risalita nel 2011 a 32 miliardi, ancora sotto rispetto ai 37 pre crisi, ma un ottimo recupero rispetto agli oltre 10 dichiarati perduti a giugno 2009, in parte notevole per investimenti sbagliati sugli swap, un derivato fra i più usati. L'anno scorso il fondo di Harvard ha guadagnato il 21%, più della media fra 823 università che è stata del 19 per cento.

Su richiesta dell'università, il fondo di Harvard avrebbe dovuto coprire nel 2009 il 38% delle spese di bilancio pari a 3,8 miliardi di dollari. Naturalmente non è stato possibile, si sono imposti tagli di ogni genere, rinunce a grandi progetti edilizi e di ricerca. Nel decennio 2001-2011, dice Verne Sedlacek, ceo di Commonfund, specializzato nella gestione e consulenza al settore non profit (università e fondi pensione), la redditività dei fondi universitari è stata del 6%, abbattuta dalla crisi, mentre dovrebbe essere dell'8-9 per compensare l'inflazione e contribuire alla spesa e agli aiuti finanziari agli studenti.

E che ve ne sia bisogno l'ha confermato nei giorni scorsi uno studio della Fed di New York, "I voti al debito degli studenti". «Assai poco noto nelle sue dinamiche e nella sua realtà – rivela il report pubblicato l'8 marzo – il debito degli studenti è cresciuto del 2,1% nell'ultimo trimestre 2011 passando da 852 a 870 miliardi di dollari. E questo mentre altri tipi di credito al consumo diminuivano o restavano stazionari». Sono ben più dei 730 miliardi di crediti sull'auto e dei 693 per le carte di credito, osserva la New York Fed. E ben più, per un confronto europeo, dei 654 miliardi di dollari di debito complessivo delle famiglie italiane, mutui compresi.

In media, ogni studente arriva alla fine dei corsi con 23mila dollari di debito. Il 10% deve più di 54mila dollari. E 54mila dollari vogliono dire, per uno dei programmi più favorevoli con tasso al 6,8%, una rata di 375 dollari al mese per 25 anni. Si tratta in gran parte di crediti concessi o garantiti dal governo federale e dagli Stati, e grazie a questo il presidente Obama ha potuto a ottobre stabilire che le rate di restituzione non possono superare il 10% del reddito postlaurea.

I costi dell'istruzione superiore, comunque, sono molto alti e da tempo Harvard e le altre scuole di prima grandezza, dell'est del Midwest e della California, sono off limits per la middle class, se non grazie a borse di studio. Un anno ad Harvard costa 56mila dollari, 37mila di tasse e il resto di spese, e più della metà delle famiglie americane non ha un bilancio del genere, all'anno.

In media una buona università statale costa, per i residenti nello Stato, circa 9mila dollari di sole tasse, e per i fuori Stato almeno il 50% in più. Alcune statali sono carissime: un anno all'università del Michigan vale 48mila dollari. Il reddito mediano è cresciuto di 6,5 volte negli ultimi 40 anni, i costi di frequenza delle università statali di 15 volte, e delle private di 13 volte.

Alto debito per pagare gli studi, salari più bassi, difficoltà di trovare al momento un lavoro ben remunerato, difficoltà a ottenere un mutuo quando c'è già un debito studentesco rilevante, stanno complicando la vita adulta di milioni di americani.

Secondo lo studio della Fed ci sono 37 milioni di uomini e donne, per oltre la metà tra i 25 e i 39 anni, con un debito studentesco da saldare. Nel terzo trimestre 2011 il 14,4% cioè 5,4 milioni era in ritardo nei pagamenti. In totale erano quindi a rischio circa 85 miliardi di prestiti, garantiti quasi tutti dalla mano pubblica, con un tasso di insolvenza del 10% simile alle altre categorie di debito, cioè mutui, auto e carte di credito.
...se vuoi ottenere qualcosa di diverso devi cominciare ad agire diversamente.
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Re: Società e debito

Messaggioda ChristianTambasco » 29/05/2012, 7:52

http://www.ilsole24ore.com/art/economia/2012-05-25/fine-inizio-delleuro-231654.shtml?uuid=Abonx1hF

da Oresme all'unione bancaria....ma come si fa?!
Fine o inizio dell’Euro?
di Jean Pisani-Ferry, 25 maggio 2012

BRUXELLES – Quando gli architetti dell’euro iniziarono ad approntare i piani per la sua creazione alla fine degli anni Ottanta, gli economisti li avevano messi in guardia sul fatto che un’unione monetaria concretizzabile avrebbe richiesto più di una banca centrale indipendente e di regole per la disciplina di bilancio. Dagli studi condotti sono emerse le asimmetrie all’interno della futura area con una moneta unica, la possibile inadeguatezza di una politica monetaria uniforme, la debolezza dei canali di aggiustamento in assenza di una mobilità transfrontaliera della forza lavoro e la necessità di una sorta di unione fiscale che implichi meccanismi di tipo assicurativo in grado di assistere i Paesi in difficoltà.

Oltre all’economia, numerosi osservatori hanno notato che i cittadini dell’Unione europea avrebbero accettato una rigorosa politica monetaria solo se avessero preso parte a una comunità politica condivisa. L’ex presidente della Bundesbank, Hans Tietmeyer, amava citare un filosofo medievale francese, Nicolas Oresme, secondo il quale il denaro non appartiene al principe ma alla comunità. La domanda era: quale comunità politica avrebbe sostenuto l’euro?

Alcuni di questi ammonimenti erano dettati dai dubbi radicati sull’unificazione monetaria europea. Ma altri intendevano solamente enfatizzare che gli europei avevano bisogno di una nave più robusta e meglio equipaggiata per il viaggio intrapreso. Il messaggio era semplice: i governi nazionali devono adattare le proprie economie alle restrizioni dell’unione monetaria; l’euro deve essere sostenuto da un’integrazione economica più profonda; e una moneta comune necessita di legittimità politica, vale a dire di un governo.

In quel periodo i leader politici, soprattutto il cancelliere tedesco Helmut Kohl e il presidente francese François Mitterrand e il suo successore Jacques Chirac, affrontarono il mare con una nave leggera. Sul fronte economico, trovarono un accordo solo su un’Unione economica e monetaria ridotta all’osso, costruita intorno alla rettitudine monetaria e a una promessa inapplicabile di disciplina fiscale. Sul fronte politico, non trovarono alcun accordo, così che la creazione di un governo europeo morì sul nascere.

In quel periodo, alcuni, come l’allora presidente della Commissione europea Jacques Delors, biasimavano apertamente questa visione riduttiva. Malgrado gli obblighi politici, gli architetti dell’euro non sono stati affatto ingenui. Sapevano che il loro prodotto era incompleto. Ma hanno dato per scontato che, nel tempo, l’unificazione monetaria avrebbe accelerato le riforme nazionali e avrebbe creato una maggiore integrazione economica e una qualche forma di unificazione politica. Dopo tutto, questo approccio frammentario è ciò che ha contribuito a creare l’Ue sin dalle sue origini come comunità del carbone e dell’acciaio negli anni Cinquanta. Alcuni tra i fautori dell’euro non si aspettavano alcun cambiamento significativo dopo il suo lancio.

Ma questa ipotesi era errata. Dalla firma del Trattato di Maastricht nel 1992 al decimo anniversario dell’euro nel 2009, lo slancio atteso per la creazione di un governo europeo comune non si avvistava da nessuna parte.

In effetti, pochissimi Paesi si sono preoccupati di illustrare un programma di riforme economiche dettate dall’euro. Avendo raggiunto un accordo per delegare la responsabilità per la politica monetaria alla Banca centrale europea, gran parte dei governi ha sollevato una forte resistenza contro qualsiasi trasferimento di sovranità. Nel 2005 un timido tentativo di incentivare l’integrazione politica adottando un trattato costituzionale è stato sconfitto da un referendum popolare tenutosi in Francia e in Olanda.

Quindi, contrariamente alle aspettative, le cose hanno smesso di evolversi. Poco dopo l’introduzione dell’euro nel 1999 divenne chiaro come lo scenario auspicato dagli architetti della moneta comune non si sarebbe realizzato. Tutti accettarono, se pur a denti stretti, che l’UME ridotta all’osso sarebbe stata l’unica nel suo genere.

Ora, invece, ciò che non è accaduto attraverso una tranquilla evoluzione ha iniziato a verificarsi attraverso la crisi. Dal 2009 gli europei si avvalgono di un sistema di gestione e risoluzione della crisi che all’inizio si erano persino rifiutati di discutere. Al contempo, i governi, sotto l’implacabile pressione dei mercati dei bond, stanno introducendo riforme per il mercato reale e per il mercato del lavoro che solo poco tempo prima avevano considerato politicamente inconcepibili.

Ma i mercati dei bond vogliono di più. Le domande che fanno insistentemente ogni giorno che passa richiedono delle risposte. Gli europei saranno d’accordo nel condividere parte del costo della crisi? I creditori della Grecia (perlopiù coloro che risiedono nell’Eurozona) si sono già fatti carico di parte del peso debitorio accettando un haircut sui propri asset. Se però un altro Paese si trovasse nell’impossibilità di sostenere il costo fiscale della crisi, questi passerebbe la patata bollente ai suoi creditori esterni in un modo o nell’altro?

E oltre ai trasferimenti, gli europei, o alcuni di essi, converranno sulla creazione di un’unione bancaria (ovvero sull’europeizzazione della supervisione bancaria, sull’assicurazione sui depositi e sulla risoluzione della crisi)? Saranno d’accordo nel mettere in comune le entrate fiscali in modo tale che le istituzioni a livello Ue possano verosimilmente farsi carico della stabilità finanziaria?

Queste domande sono vitali per il futuro della moneta unica europea. Per quanto contrariati, i leader europei devono rassegnarsi all’idea di dare delle risposte, e senza troppo indugi.

L’ironia storica è che un ambiente di crisi sta spingendo gli europei a fare delle scelte che non avrebbero neanche contemplato in tempi più tranquilli. La crisi del debito greco li ha indotti a creare un meccanismo di assistenza. La crisi spagnola potrebbe spingerli a creare un’unione bancaria. E la minaccia dell’uscita della Grecia dall’euro potrebbe indurli a decidere quanto siano disposti ad abbracciare un’unione fiscale radicale.

Per molti, i recenti eventi segnano l’inizio della fine per l’ardita creazione degli architetti dell’euro. A seconda di come gli europei risponderanno a queste domande, le crisi odierne potrebbero essere ricordate un giorno come la fine dell’inizio.


l'unica nota di rilievo dell'articolo:
...Nicolas Oresme, secondo il quale il denaro non appartiene al principe ma alla comunità.


non è che se fai un'unione bancaria riporti il denaro alla comunità anzi...è proprio vero che si può partire da una frase e dargli il significato che si vuole anche apparentemente contraddittorio rispetto a questa
...se vuoi ottenere qualcosa di diverso devi cominciare ad agire diversamente.
ChristianTambasco
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GLI STRUMENTI PER GUIDARE...

Messaggioda domenico.damico » 10/12/2012, 19:45

MIO INTERVENTO SUL BLOG DI BIMBO ALIENO:

Gli strumenti in campo che CONDIZIONANO in modo ormai schizofrenico la vita delle comunità sono numerosi, e hanno tutti la stessa mamma: la BUROKRATIA dell'apparato finanziario/bancario, il suo linguaggio, il suo metro di valutazione, la sua cultura, la sua "Weltanschauung".

Ci sono i report che ogni tanto BA analizza e sintetizza, che danno i messaggi/consigli/moniti nel medio periodo: ognuno a modo suo.
Quelli cioè delle banche commerciali e quelli della istituzioni bancarie centrali, quelli interni a un Paese e quelli esterni.

Poi gli strumenti/bacchettine delle agenzie di rating, che guardano vari orizzonti temporali e vari scenari, dando il voto finale che poi in automatico (vedi comportamento delle macchine impostate da algoritmi che prendono istruzioni da questi voti) piega la realtà dalla parte prevista, come una profezia autoavverante.

I CDS, le assicurazioni sui fallimenti, che ci dicono le probabilità che un sistema fallisca o meno, nel breve-medio periodo.

E infine lo spettacolare ultimo strumento diventato di moda: lo SPREAD; con cui ci si rapporta momento per momento, giorno per giorno.
Un Presidente della Repubblica, quasi novantenne, di formazione marxista, ex dirigente del PCI, sta tutto il giorno a vedere come si muove questo indice, tanto da prendere spunti per le sue decisioni di saggio super partes.

Infine la classica e sistemica funzione di distributore di sangue per un corpo sistematicamente in anemia o in parossismo, proprio a causa del troppo o troppo poco sangue (dato solo in prestito).

Chi garantisce della correttezza di gestione di questo IMMENSO, SISTEMICO E STRUTTURALE PATRIMONIO INFORMATIVO?
Chi protegge le comunità dall'AZZARDO MORALE di tutta una CASTA, di una lobby IN POSSESSO DI ASIMMETRIE INFORMATIVE DA FAR SPAVENTO (vedi anche le info delle stanze di compensazione internazionali e nazionali)?
Il mercato? La libera concorrenza?
Ma chi è che crede ancora a questa favola da 3a elementare?
E poi: qualcuno può davvero pensare di riuscire a governare o almeno capire questa follia schizofrenica, dove è praticamente impossibile stabilire uno straccio di responsabilità di rilievo penale e/o civile?

Si legge qualsiasi cosa, di tutto. Cose cervellotiche, analisi senza nessuna attendibilità, banali previsioni su grafici a due dimensioni che dovrebbero rappresentare un mondo di sette miliardi di persone, basati su assunti
ridicoli... di tutto.
TUTTO pur di evitare la più evidente delle cose: ci siamo affidati - con immensa colpa - a dei folli senza licenza di guida, a dei giocatori d'azzardo, a dei totali irresponsabili orientati (nella migliore delle ipotesi)
solamente al profitto.

Il pensiero di Leonardo Da Vinci: " E' più facile resistere all'inizio che alla fine" fa proprio al caso, considerato come l'economia, il diritto, l'economia, la psicologia collettiva e il corpo sociale siano ormai culturalmente schiavi di questi assurdi schemi di dare e avere, dove il dare e l'avere sono creati dal nulla e alla bisogna, con criteri totalmente autoreferenziali.
Così come Albert Einstein, che ci dice che "i problemi non possono essere risolti allo stesso livello di conoscenza che li ha creati", e che ci fa intuire che la soluzione va necessariamente cercata altrove, e non certo in quel campo da gioco.
Un No deve salire dal profondo e spaventare quelli del Sì.
I quali si chiederanno cosa non viene apprezzato del loro ottimismo.
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DEBITO TOTALE AL 400%

Messaggioda domenico.damico » 24/07/2013, 23:15

Interessante articolo di Cobraf.com

Il Debito Totale in Italia al 400% del PIL

(da Repubblica /economia,13 luglio 2013)
il debito totale vola al 400% del Pil ... in Italia
...Addio al "tesoro dei privati": con banche, famiglie e imprese vola il debito complessivo del Paese. Per ogni italiano l'esposizione arriva a un record da 100mila euro. Dalla nascita della moneta unica l'aumento è stato di 130 punti di Pil ... Nel '92 il debito pubblico era più o meno come oggi, ma quello privato non arrivava neanche all'80%, oggi è oltre il 260%. Intano slitta la riforma dell'Imu...


Come diavolo è possibile che in 12 anni il debito totale di una collettività come l'Italia aumenti del 130% del PIL ? ....Non è incredibile, non è clamorosa come notizia:
[url=http://www.repubblica.it/economia/2013/07/14/news/addio_al_tesoro_dei_privati_con_banche_famiglie_e_imprese_il_debito_totale_al_400_del_pil-62946619/]Dalla nascita della moneta unica l'aumento è stato di 130 punti di Pil
Dalla nascita della moneta unica l'aumento è stato di 130 punti di Pil
Dalla nascita della moneta unica l'aumento è stato di 130 punti di Pil ...[/url]

Non è forse da mettere in prima pagina, dove trovi invece oggi che in USA hanno assolto un vigilante che ha sparato ad un nero per difendersi e Calderoli da dell'orango alla ministra nera, cioè perchè sempre questa ossessione per ogni notizia in cui entrino dei neri e invece questa nonchalance per il debito che schiaccia i bianchi ?

Dico "...i bianchi.." non per imitare Calderoli, ma perchè noto che "i gialli" (intesi come asiatici) ad esempio sono più furbi. La colf filippina qui da me quando ha avuto bisogno di un prestito per farsi una casa al suo paese (mentre lavora in Italia) ha insistito fermamente per non pagare interessi, per ripagare il capitale senza interessi. Discutendo con l'abile donna e provando a dirle : ""... ma ci sarebbero dei mutui qui in Italia sai, nelle Filippine forse non li avete, ma qui le banche ti possono fare un mutuo anche a 25 anni in comode rate..." la risposta era invariabilmente: mica sono matta a prendere a prestito soldi per 20 anni per comprare casa e pagare poi per tutta la vita una cifra che alla fine è il triplo della casa... Sarò anche una colf, ma la finanza la capisco.

Repubblica oggi scrive che il debito totale in Italia è arrivato al 400% del reddito nazionale annuo, cioè in Italia si ha un reddito nazionale di circa 1600 mld e un debito totale di stato, banche, imprese e famiglie di quasi 6000 miliardi. Ma come mai tutto questo credito che qui ci si lamenta che le imprese "non hanno credito" ?

Beh... ho una notizia scoop anche io: in Occidente oggi solo il 15% del credito va alle imprese e lavoro autonomo per investimenti e attività produttive, l'85% di questa montagna di credito e debito di cui parla Repubblica oggi va agli immobili e terreni, alla speculazione finanziaria varia incluse fusioni, acquisizioni, buyback, derivati e poi al credito al consumo.

I numeri secondo me sono forse esagerati, mi sembra chre siamo ancora sul 360% del PIL in realtà, ma comunque prendiamo il 400% come buono per semplicità

Significa che se ad esempio il costo medio di mutui, fidi e affidamenti, bonds, prestiti al consumo, BTP e altre obbligazioni è il 5% paghi un (5% X 4) 20% del reddito nazionale annuo in interessi

Gli interessi sul denaro prestato sono GUADAGNI FITTIZI in due sensi.

1) non corrispondono oggi in larga parte ad un risparmio che è stato accumuilato e poi prestato, come si continua a raccontare. Basta pensare che i risparmi in% del PIL annuo sono calati ovunque nel mondo occicdentale e invece il debito aggregato è esploso. Se il debito riflettesse il fatto dei soldi risparmi vengono prestati ci sarebbe una relazione proporzionale no ? se il credito è risparmio che viene prestato, come razzo è possibile che il risparmio cali e il debito aumenti sempre ?...

2) in genere prestare soldi e basta ha sempre avuto una pessima reputazione ovunque nel mondo, prima e dopo Shylock, perchè non è creazione di alcun servizio, bene o ricchezza, non devi fare un tubo se non firmare un contratto e poi tu e la tua famiglia per anni e anni godete il 5% che ci sia la siccità o il maltempo, malattie o guerre o altri accidenti naturali e umani non importa, la matematica del debito continua a funzionare al 5% annuo.

Non sei convinto? OK, allora prova a pensare a questo: se qualcuno fosse riuscito a prestare soldi 2000 anni fa al tempo di Cristo e poi la sua famiglia avesse nei secoli mantenuto questo investimento in "reddito fissso" in qualche modo fino ad oggi, diciamo compravano i BTP del tempo dei romani e poi li rinnovavano per duemila anni, questa famiglia possiederebbe oggi tutta la terra, senza aver mai lavorato. Prova a pensare... ci deve essere per forza qualcosa che non quadra...

Questo meccanismo è infatti stato descritto da circa 3500 ann come assurdo, pericoloso e disumano i nel pensiero occidentale, religioso e laico, greco o medievale, da filosofi, scrittori e pensatori di ogni genere, ma di colpo nell'ultimo secolo viene presentato come naturale, moderno e razionale. E tanti sprovveduti, come antitrader qui, ripetono che è giusto e normale...

Se chi paga e chi riceve fossero più o meno gli stessi gruppi di persone può anche funzionare, ma bisognerebbe che le banche fossero allora di proprietà della comunità, come la Credit Union in america che sono banche locali cooperative in cui i soci e i depositanti sono le stesse persone e che prestano solo i soldi depositati. Ma anche in America le Credit Unions sono solo un 5% del totale.

Invece come si sa c'è oggi una classe di creditori e una classe di debitori distinte, come ai tempi dei Gracchi nell'antica Roma o di Solone in Grecia. E inoltre una bella fetta di questo debito è in mano a investitori stranieri.

Il motivo per cui negli ultimi 30 anni e in particolare negli ultimi 15 anni (diciamo da metà anni '90) il debito è esploso in occidente è questo: abbiamo un sistema monetario in cui la moneta viene creata sotto forma di debito. E' tutto semplice da capire se capisci questo concetto. Se quasi tutta la moneta che va in circolazione viene creata come debito è logico che poi nel corso del tempo si accumula sempre più debito

Fonte: http://www.cobraf.com/forum/coolpost.ph ... cGroupID=1
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